Non essendoci scappato il morto l’alluvione non ha insegnato molto.
Pietà per chi non impara, pietà per chi persevera, per chi inaugura un centro commerciale proprio dove il fiume ha esondato, pietà per chi fa perequazione, pietà per chi vive sotto la complanare, pietà per chi fa l’ambientalista “di mestiere”…
Sono passati due anni dall’alluvione del 2012.
Da allora tanti annunci, tanti soldi stanziati, tanti rimpalli di responsabilità tra uffici e tra politici. Nessuna indagine, nessun inquisito, nessuna sicurezza. Come se il fiume non avesse mai scavalcato ponte ed argini, come se tutto sommato dato che non ci sono stati i morti in fondo va bene così. Una nuova normalità che negli ultimi anni qui in Umbria, con i suoi recenti eventi alluvionali “non ordinari” (2005, 2008, due nel 2010, 2012 e 2013 ), e le sue tre emergenza siccità (2003, 2007, 2012) è ormai percepita come consuetudine. E poco importa che climatologi e metereologi confermino per il futuro un aumento in frequenza ed intensità di questi eventi “estremi” e che il solo impatto economico diretto, a seguito delle alluvioni di questi ultimi 10 anni, sfiora il miliardo di euro (tra danni e perdite al patrimonio pubblico…
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