Non proliferazione delle “Armi Robot”

E’ la vigilia di Natale e si dovrebbero avere pensieri solo di tranquillità, parlare di cenone, di regali. Ma per poterlo fare occorre avere fiducia in una pace duratura e speranza in un futuro su cui a me pare si affastellino anche delle ombre: tra terrorismo e proclami dei nuovi leader a me pare di sentire tamburi di guerra e minacce come quella degli armamenti autonomi contro le quali ancora non c’è attenzione nonostante l’impegno degli attivisti e, dall’ultimo Davos, persino del mondo economico internazionale.

Fa molto fantascienza immaginare un mondo di robocop, di terminator e droni killer eppure al World Economic Forum si sono accorti, col sostegno di sociologi, scienziati, filosofi e persone della Cultura quella con la c maiuscola di quello che qualunque appassionato di fantascienza sa da sempre: automatizzare la guerra è estremamente più pericoloso che non farla.

Ormai ci siamo però, ormai la cuspide tecnologica è raggiunta nell’imbarazzante inconsapevolezza delle cosiddette classi dirigenti e delle personalità dotate di maggiore influenza sulla pubblica opinione. Il livello di rischio è elevato.

Non potendo allo stato attuale imporre logiche “morali” ai sistemi di armi mobili a scelta autonoma, che agiscono scollegate dall’operatore umano, ci si pone la questione di aprire la discussione e le trattative sulla non proliferazione di simili armi, di come impedire che possano cadere in mani terroristiche od essere usate contro la popolazione civile.

Dall’Italia che ripudia la guerra deve partire quanto prima la richiesta di trattative per la non proliferazione delle armi LAWS (“lethal autonomous weapons systems”) potenzialmente estremamente più dannose delle mine antiuomo e di altre armi convenzionali.

Così oggi, vigilia di Natale 2016, ho depositato proprio questa proposta nei sistemi di democrazia diretta del M5S per metterla in discussione quanto prima ed avviarci ad una “regolamentazione” delle armi autonome dotate di sistemi di decisione propri, uno “Ius Belli” e forse il momento giusto è proprio questa festa così dolce ed umana. Coraggio.

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Orvieto ludica cresce

“Nata come microprogetto locale Orvieto Ludica ha superato da un pezzo i confini cittadini e si avvia a diventare uno dei punti di riferimento del panorama del centro Italia nel campo dell’intrattenimento educativo ed intelligente…”

Beh… No. Non è (ancora) vero.
Noi ci spendiamo molto e l’associazione è davvero cresciuta ed è davvero protagonista di eventi importanti ma ci vuole ancora molto lavoro per affermarsi in regione prima ed a livello nazionale poi.
Un passo alla volta.

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Settimane piene

A Napoli, mentre ero nel pieno delle attività come Amministratore di rete per un gruppo agroalimentare che dall’Italia si è esteso anche grazie al mio lavoro oltre nazione e su più continenti ero piuttosto impegnato, la mia compagna faceva l’avvocato ed avevamo una rete sociale ricca e dinamica. Difficile anzi era l’avere tempo libero.

Oggi altra vita, in una cittadina slow come Orvieto dovremmo avere tantissimo tempo per noi e invece capitano settimane dove la normalità è Lucia un giorno in Lussemburgo alla Corte di Giustizia Europea ed altri a Bruxelles all’Europarlamento, mio fratello che nell’intervista alla Tv olandese racconta i suoi sette giorni di lavoro su sette per dieci ore al giorno ed io, che ho appena prodotto il portale Visit-Orvieto mantenendo tutto il carico di tutte le attività referendarie M5S dell’orvietano. Eppure riusciamo a tagliarci il tempo per il cinema con le bambine, un giretto ed un libro letto assieme, una cena dai Monaldeschi e… ah, ecco. Ho trascurato Orvieto Ludica in questi giorni. Sono settimane piene oltre il livello di guardia, qualcosa rischia di sfuggirmi. Però se accade, quando accade, sappiatelo che non lo faccio apposta.

Le Elites imparino l’umilta’

Dal fisico di fama mondiale un grido d’allarme contro l’arroganza e la superficialità di certe élites, a partire da quelle accademiche e culturali.

«ESSENDO un fisico teorico che vive a Cambridge, ho vissuto la mia vita in una bolla di eccezionale privilegio. Cambridge è una città insolita, tutta incentrata su una delle grandi università del pianeta. All’interno di questa città, la comunità scientifica di cui sono entrato a far parte quando avevo vent’anni è ancora più esclusiva. E all’interno di questa comunità scientifica, il gruppo ristretto di fisici teorici internazionali con cui ho trascorso la mia vita lavorativa potrebbe a volte essere tentato di vedersi come un apogeo. In aggiunta a tutto questo, con la celebrità che mi hanno procurato i miei libri e l’isolamento imposto dalla malattia, ho la netta impressione che la mia torre d’avorio diventi sempre più alta.

Pertanto, faccio parte senza dubbio di quelle élite che recentemente, in America e in Gran Bretagna, sono oggetto di un inequivocabile rigetto…

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