Che portavoce vorrei dalle Parlamentarie?

Probabilmente tutti gli attivisti e molti simpatizzanti si stanno facendo proprio questa domanda: Che portavoce vorrei dalle Parlamentarie?
Ed è una domanda lecita perchè al netto dell’uno vale uno della democrazia diretta bisogna scegliere tra le persone e non è che ciascuna valga l’altra. Nossignori.
Ed ognuno ha una propria scala di valori su cui costituisce la propria idea di stima, fiducia ed opinione. Io personalmente ho alcuni criteri di riferimento e proverò a condividerli con Voi.
L’idea di base è che vorrei qualcuno tenace, di grande etica e capace. Se poi è vicino al territorio è meglio ma in realtà l’unica vera caratteristica necessaria, l’unica, è che sostenga a pieno le regole ed il programma del Movimento.

Ma dovendo scegliere online come faccio a misurare il valore delle persone?

Il curriculum vitae? Beh… a parità di condizioni avrebbe un senso, cioè chi ha una carriera scolastica e lavorativa nettamente migliore di altri a parità di ceto sociale, territorio di appartenenza ed età anagrafica ha probabilmente una capacità maggiore e, leggendo tra le righe, può avere davvero una certa tenacia. Una mamma casalinga probabilmente invece sarà più tenace e probabilmente avrà una maggiore etica. In effetti la situazione non si può e non si deve limitare ad una scorsa al curriculum.

Le dichiarazioni di intenti: ecco da quelle già si può capire di più, soprattutto incrociandole con il curriculum. Ad esempio sono portato a pensare che sia improbabile che chi si professa ambientalista possa essere qualcuno che ha scelto ingegneria meccanica come studi ed il comparto delle plastiche come lavoro. Ripeto è un punto di vista mio ma le informazioni sono abituato a metterle in relazione tra di loro e quindi, al netto delle frasi di rito che in molti infileranno su temi (sacrosanti) come la trasparenza e le fedine penali, bisogna scavare un pochino di più.

E il curriculum da attivista? Ecco questo è un punto interessante. Pur senza voler precludere chi attivista non è, ed ha comunque sempre creduto nell’impianto originale del Movimento che da spazio a tutti, può essere uno strumento utile per vedere quale sia l’impegno nell’avvicinarsi almeno alle tematiche del 5 Stelle e, soprattutto, se ci sia stato nel corso del tempo uno sviluppo ed una crescita. L’attivismo infatti, sempre a mio avviso, non è una “comfort zone” in cui si ripetono certe liturgie (volantinaggio, banchetto, riunione ecc…) ma si evolve avvicinando sempre di più all’efficacia del coinvolgimento nelle attività pubbliche (deposito di pareri e documenti, fiato sul collo istituzionale, esposti, proteste eclatanti, impegno su singole tematiche e così via) arrivando ad ottenere risultati SENZA utilizzare il nome ed il simbolo del Movimento o di una qualunque altra associazione nazionale. Per fare un esempio l’attivismo ambientalista del sottoscritto in linea teorica non potrebbe certo rivaleggiare con il direttore di un’oasi del WWF eppure invece qualche risultato l’ho portato a casa, da solo. Ecco vorrei vedere nei curriculum dell’attivismo cose simili.

E poi c’è la parte delle esperienze politiche e sindacali: ecco questa cambia tutto, proprio tutto. Io sceglierei ovviamente chi non ha avuto esperienze politiche nei partiti e nei sindacati schierati politicamente ma al tempo stesso vorrei vedere esperienze politiche di qualche tipo come la partecipazione ad istituti di democrazia partecipativa (e ce ne sono nelle città) od a comitati d’impegno pubblico. Per i portavoce uscenti invece questa parte sarà un doppione se avranno deciso di mettere nel proprio curriculum (e secondo me è sbagliato) anche la parte politica come mestiere. Invece mettere l’attività istituzionale dei portavoce uscenti, in modo secco e senza esagerare in questa sezione renderebbe meno squilibrata la sezione.

A proposito dei portavoce uscenti ho un piccolo dubbio. Se si ricandidano tutti ed entrano tutti al prossimo giro dovremmo ripartire da zero e forse non è proprio il massimo. Quindi la mia idea resta semplice:

«Io vorrei qualcuno tenace, di grande etica e capace. Se poi è vicino al territorio è meglio ma in realtà l’unica vera caratteristica necessaria, l’unica, è che sostenga a pieno le regole ed il programma del Movimento.» Silvio Torre

 

Cartolina da “Lo Stato dei Comuni”

– IL PRESENTE ED IL FUTURO DEI COMUNI –

Sono cambiate tante cose dagli anni passati qui in Italia ed altrove nel mondo globalizzato, ma una delle caratteristiche formidabili di questa nostra Italia è che così come l’economia reali, non la finanza od i bitcoin, è fatta di piccole e medie imprese capaci, creative e concrete così il nostro Stato è essenzialmente basato sui nostri Comuni. Sono i territori e le città, con le loro storie e le diverse culture radicatissime, che costituiscono le terminazioni sensibili e le fonti di pensiero che ci hanno resi grandi nel mondo, famosi ed imitati. Partendo da queste considerazioni e con un gioco di parole grazie alla deputata Laura Castelliabbiamo fatto il punto sulla situazione attuale dello Stato dei Comuni a Montecitorio, presso le aule della Camera dei Deputati.

Ovviamente il bilancio, presentato da ospiti di altissimo profilo e testimonianze di amministratori di diverse “fedi politiche, ha luci e qualche ombra davvero scura come quella che sono 9 i miliardi dreanati via dalle nostre città, dai servizi essenziali, per far fronte a vario titolo alle esigenze richiamate dallo Stato.  Per questo le domande chi ci siamo posti sono state relative al come sono cambiati i Comuni italiani in questi anni e quali sfide sono stati chiamati ad affrontare. Vedete il nostro “Stato dei Comuni” è costituito da 8092 amministrazioni che ne rappresentano storicamente molto più dell’unità di cittadini dentro alcuni determinati confini geografici. I cambiamenti del Paese sono la sommatoria e lo specchio dei cambiamenti delle municipalità italiane. Ma a volte sono anche il contrario: sono il risultato di ciò che si decide nel nostro Paese. Crisi economica, riforme costituzionali, vecchie e nuove popolazioni, cambi di norme, hanno attraversato i Comuni italiani lasciando, in particolare negli ultimi anni, tracce di un futuro che spesso è faticoso e complesso oltre che di storia e di partecipazione collettiva alla vita democratica.

Tra tutti forse l’intervento del mio conterraneo Luigi de Magistris è stato il più appassionato ed anche quello “politicamente” più interessante, essendo basato sulla gerarchia delle fonti del diritto e sulla prevalenza della Costituzione sulle normative ordinarie, incluso quelle contabili, cioè della prevalenza dei diritti sulle regole burocratiche. Ho avuto anche la fortuna di poterlo seguire con Stefano Lucidi (Senatore facente parte proprio della Commissione Affari Costituzionali) e Lucia Vergaglia che collabora con le cattedre di diritto pubblico e comunitario dell’Università di Napoli.

Invece l’intervento più vicino a ciò che sarà necessario fare per la città di Orvieto dove vivo e nel mio piccolo provo a fare attività politica, lo ha tenuto il professor Delfino dell’Arconet, l’ente che si occupa dell’armonizzazione contabile degli enti territoriali. Il “bilancio” comunale armonizzato ha preso il via quest’anno da noi e si vede da subito il gap, la distanza tra la politica vera ed una dirigenza (e responsabili funzioni) del comune che invece rispondono ad una impostazione procedurale. In mezzo, vabbè, la decaduta figura di un’ormai ex assessore che cerca di intestarsi ogni merito possibile mentre ha soprattutto, e lo vedremo, tante responsabilità tra cui anche le mancate attuazioni di iniziative approvate dal Consiglio Comunale.

Chiara Appendino sulla democrazia diretta nei territori e poi Luigi di Maio hanno fatto gli interventi di chiusura con il piglio carismatico ed istituzionale che li contraddistingue. Se vi va qui di seguito c’è tutto l’incontro.

Cosa manca ancora? Ah già, la cartolina con i portavoce della regione Umbria. Eccola qui.

 

La nostra credibilità deriva dai fatti.
I programmi (soprattutto questa volta) saranno tutti uguali, ce li copieranno, li rielaboreranno. Non è più sui programmi che si gioca la campagna elettorale, ma sulla credibilità delle forze politiche che li portano avanti.

Luigi di Maio, Vice Presidente della Camera dei Deupati, M5S